La Basilicata oltre i confini
Sono 650mila i lucani che vivono sparsi per il mondo. I discendenti di quelli che oltre un secolo fa presero la via dell’esilio, con il loro bagaglio fatto di povere masserizie ma di ricche e antiche tradizioni, hanno superato, in fecondità , i lucani che vivono e lavorano nella comune terra di origine.In fuga da un territorio che dall’unificazione nazionale non aveva ricevuto quell’impulso economico sperato, i nostri corregionali si avviarono verso le americhe. In fuga dalla miseria, con un doloroso distacco dagli affetti;uno sradicamento penoso dalle proprie tradizioni.
A migliaiaviaggiarono per settimane nelle stive dei €œbastimenti€, ignorati dalla storiografia ufficiale anche dinanzi a sciagure del mare come quella del transatlantico Titanic, per raggiungere €œla terra promessa€. E dopo il primo sconcertante impatto con i luoghi di quarantena, il successivo avvilimento dei lavori più umili, rifiutati da chi aveva già conosciuto il benessere.
I Lucani però seppero farsi una ragione di quella che sembrava essere, ancora una volta, una sorta avversa, lavorando senza risparmiarsie attaccandosi, con la forza della disperazione all’immagine del proprio €œpaese€. Se eroico fu il ruolo delle donne che seguirono i consorti (leggi il racconto di Felicia Muscio) , in un viaggio senza ritorno, altrettanto tenace e coraggiosa fu la sopravvivenza di quelle che restarono in Patria, unico punto di riferimento dei €œfocolari€ privi del capofamiglia.
Ma gli emigrati non furono solo braccia per lo sviluppo economico di nazioni che, almeno in un primo momento li tollerarono e li utilizzarono con pochi scrupoli.
Generazioni di valenti artigiani, costruttori, professionisti, banchieri, attori, registi cinematografici e persino scienziati e premi nobel hanno affermato il principio della sacralità del lavoro sulla mera logica del profitto e rappresentano tutt’oggi una eloquente testimonianza della loro operosità ; delle loro vicende storiche; delle asprezze della loro vita ma anche della loro determinazione , delle proprie capacità e dei loro successi.
Nel 2° dopoguerra, dalle dolenti immagini di un Sud deprivato di risorse e desideroso di riscatto sociale ( così crudamente descritte e illustrate da Carlo Levi ), riprende idealmente il €œpercorso€ di una seconda ondata migratoria verso quelle regioni del nord dell’Italia e dell’Europa che costruiranno il loro miracolo economico grazie ai calli delle mani e ai cervelli dei meridionali e dei Lucani. Questa volta però una Corte Costituzionale sancisce diritti e doveri di cittadini uguali, compreso quelli degli emigrati e la tutela di chi resta.
Dalla istituzione della Consulta per l’emigrazione prevista dalla legge regionale del 1996, che istituisce e sostiene finanziariamente la €œCommissione Regionale dei Lucani all’Estero€, il ConsiglioRegionale di Basilicata ha rafforzato e organizzato i precedenti sforzi di tenere vivi, costanti e operativi i contatti con i suoi €œfigli lontani€.
Rocco Risolia
POESIE SULL’EMIGRAZIONE
Ammonticchiati là come giumenti
sulla gelida prua mossa dai venti
migrano a terre ignote e lontane
laceri e macilenti
Varcano i mari per cercar del pane.
E. De Amicis
AMER’CA
Addij terra ca nun m’ਠdat maj pac’..
addò agg’ fatà cum nu ciucc’..
addò nun m’agg mai vist bà© d’niend..
ma semb t’purtrragg ind a stu cuor€¦
Addij Vignuol mij, addij terra d’mundagn
addò la gend soffr’ sta citt e nun z’lagn’€¦
Addij Caitana,addij mamma e papà
m’ n’ vò a l’Amer’ca, qualcosa aggia t’ntà €¦
Mamm t’araccumand a Caitana mia
vulidng semb bà©, cum vulid a mi’€¦
Part Pascal, €˜a famigl rest’ qui
m’ n’ vò a l’Amer’ca
qualcosa aggià tntà €¦
M’port ind a stu cuor
cum d’stin amar’
la fam ca suffriv’
ind lu mij pagliar€¦
Addij amic’,addij mia bella età
m’ n’ vò a l’Amer’ca
qualcosa aggià tntà €¦
Amer’ca, t’port sta vita mij..sti bracc’€¦
sta frond sudà t.. sti man chien d’cadd€¦
Nun tiegn cu mi mang nu v’stit,
ma tanta spr’anz…
(Dallo spettacolo €œS’n’vann all’est’r€,
del Gruppo Folk di pignola)
€œ€¦Logoro mito sciupato
nei lamenti dell’emigrante
anche lontano conservi
la dolce infanzia, memoria
di primitive innocenze
come i santuari solitari
sui monti della Lucania.€
Giulio Stolfi
Non voglio più sentire di questa città
confine dove piansero i miei padri
I loro lunghi viaggi all’otremare.
Rocco scotellaro
Vanno gli emigranti
della mia terra, nei lunghi treni
gonfi di ricordi e di valigie;
sognano i bimbi lontani,
le donne piangenti
che han lasciato.
E cantano:
Una nenia triste
perduta nel tempo,
ascende l’azzurro.
si fa speranza
d’un giorno di sole.
Emilio Gallicchio
S’N’ VANN ALL’EST’R’
Vignol, tu si car a quest cuor
ma senza fatià nun z po’ chiù sta’
lu port ਠchien chien a tutt l’or
d’gend ca p’ forz adda emigrà !
Già part’n li nav inda lu mar
e tu marid mij vai lundan
la strad ਠlung e pur lu camin
e u cuor mij s’spezza chian chian!€¦
E s’ n’ vann all’est’r’, da terra addò so nad
tra lagr’m e dulor, cu €˜a neve e sotto u’sol€¦
Chi mann i figl’ fuor da la terra€¦
li caccia cum quann nghà© la guerra!€¦
U’ sacc ਠner assaj a stà lundan
ma simm cundannad a un’ a un’
la terra nun ਠa nostr, ਠdu pdron
simm trattat pegg d’li can!
Caitan’ tu nun chiagn e nun suffrì
ca a sta famiglia mangh da magnà
sti figl’ nostr cerc’n lu pan
e u cuor mij soffr mill pà¨n..
E s’ n’ vann all’est’r’, da terra addò so nad
tra lagr’m e dulor, cu’ a nev e sott u’ sol€¦
Chi mann i figl’ fuor da la terra€¦
li caccia cum quann nghà© la guerra!